E’ proprio come dice un vecchio detto: la temperanza, il coraggio, tutte le virtù e la prudenza stessa sono delle purificazioni. E’ per questo che gli iniziati ai Misteri dicono con parole velate che l’anima non purificata persino nell’Ade vivrà in un pantano, perché l’essere impuro ama il fango a causa dei suoi vizi, come i porci il cui corpo è impuro.
In che consisterà dunque la vera temperanza se non nel non unirsi ai piaceri del corpo, ma a fuggirli come impuri? Essi non permettono all’anima di rimanere pura. Il coraggio consisterà nel non temere la morte. Ora la morte è la separazione dell’anima dal corpo. Non temerà questa separazione quell’anima che è vissuta isolata dal corpo. La grandezza d’animo nasce dal disprezzo delle cose che passano. La prudenza è il pensiero stesso che si allontana da tutto ciò che passa e conduce l’anima verso l’alto.
L’anima, una volta purificata, diviene dunque una pura forma, pura razionalità. Essa diviene pura realtà intellettuale, liberata da ogni scoria di materia. Così appartiene interamente alla sfera di ciò che è divino, là dove è la sorgente della bellezza: da lì, infatti, proviene tutto ciò che è bello. Dunque l’anima restituita alla pura intelleggibilità torna ad essere bella. Ma l’intelligenza e ciò che ne deriva è per l’anima una bellezza propria e non le deriva dall’esterno, perché l’anima pura è adesso realmente se stessa.
Per questo si dice – e con ragione – che il bene e la bellezza dell’anima consistono nel rendersi simile a Dio, perché da Dio deriva la bellezza e tutto ciò che costituisce l’essenza della vera realtà. Ma la bellezza è realtà autentica, la bruttezza è una natura differente da questa realtà. La bruttezza e il male, quanto alla loro origine, sono la stessa cosa, così come sono la stessa cosa il buono e il bello. Il bene e la bellezza si identificano.
Bisogna dunque ricercare con mezzi analoghi il bello e il buono, il brutto e il cattivo. Bisogna anzitutto fissare il principio che la bellezza è il bene e da questo bene l’intelligenza deriva immediatamente la sua bellezza. E l’anima è bella per l’intelligenza: le altre bellezze, delle azioni e dei costumi, derivano dal fatto che l’anima imprime in esse la sua forma. L’anima poi produce tutto ciò che chiamiamo corpo, ed essendo un essere di natura divina – frammento della bellezza divina – essa rende belle tutte le cose con cui entra in contatto e che domina, almeno nei limiti in cui ad esse è consentito partecipare della bellezza.
In che consisterà dunque la vera temperanza se non nel non unirsi ai piaceri del corpo, ma a fuggirli come impuri? Essi non permettono all’anima di rimanere pura. Il coraggio consisterà nel non temere la morte. Ora la morte è la separazione dell’anima dal corpo. Non temerà questa separazione quell’anima che è vissuta isolata dal corpo. La grandezza d’animo nasce dal disprezzo delle cose che passano. La prudenza è il pensiero stesso che si allontana da tutto ciò che passa e conduce l’anima verso l’alto.
L’anima, una volta purificata, diviene dunque una pura forma, pura razionalità. Essa diviene pura realtà intellettuale, liberata da ogni scoria di materia. Così appartiene interamente alla sfera di ciò che è divino, là dove è la sorgente della bellezza: da lì, infatti, proviene tutto ciò che è bello. Dunque l’anima restituita alla pura intelleggibilità torna ad essere bella. Ma l’intelligenza e ciò che ne deriva è per l’anima una bellezza propria e non le deriva dall’esterno, perché l’anima pura è adesso realmente se stessa.
Per questo si dice – e con ragione – che il bene e la bellezza dell’anima consistono nel rendersi simile a Dio, perché da Dio deriva la bellezza e tutto ciò che costituisce l’essenza della vera realtà. Ma la bellezza è realtà autentica, la bruttezza è una natura differente da questa realtà. La bruttezza e il male, quanto alla loro origine, sono la stessa cosa, così come sono la stessa cosa il buono e il bello. Il bene e la bellezza si identificano.
Bisogna dunque ricercare con mezzi analoghi il bello e il buono, il brutto e il cattivo. Bisogna anzitutto fissare il principio che la bellezza è il bene e da questo bene l’intelligenza deriva immediatamente la sua bellezza. E l’anima è bella per l’intelligenza: le altre bellezze, delle azioni e dei costumi, derivano dal fatto che l’anima imprime in esse la sua forma. L’anima poi produce tutto ciò che chiamiamo corpo, ed essendo un essere di natura divina – frammento della bellezza divina – essa rende belle tutte le cose con cui entra in contatto e che domina, almeno nei limiti in cui ad esse è consentito partecipare della bellezza.
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