Bella quella macchina da cucire dell’inizio secolo scorso, che si trova nel museo delle arti e dei mestieri!
Ma la useresti in casa tua, oggi, per cucire un abito alla moda?
Pensa: quante volte continui a legarti agli eventi del passato?
E allora mi sento di dirti questo: “fai una cosa, una sola cosa, ma falla oggi!”
Non aspettare il dopo, altrimenti commetti (facile) lo stesso errorre (ma al contrario, cioè proiettando le tue azioni nel futuro) del vivere nel passato…
Compi la tua semplice, piccola, ma convinta azione oggi, adesso, in questo preciso momento.
“Solo dopo aver accettato i nostri limiti siamo in grado di superarli” (Brendan Francis)
(post del 18 ottobre 2010)
Nel post di Maggio, abbiamo parlato del passato e del carico emotivo che spesso ci portiamo ancora dietro e che continua a condizionare i nostri pensieri, reazioni e/o comportamenti nel presente. Come abbiamo già visto, essere disposti a perdonare è un ottimo inizio. Come dice la parola stessa, PER-DONO, si tratta prima di tutto di un DONO PER noi stessi e poi anche PER gli altri. Quando perdoniamo, togliamo il carico emotivo legato ad un particolare evento che abbiamo vissuto e che magari abbiamo personalizzato e riusciamo a vedere e percepire quella particolare situazione come qualcosa che è successo e che non ha più potere su di noi. Qualunque cosa ci abbiano fatto o detto nel passato, non è mai troppo tardi per lasciarla andare e per ristrutturare l’evento.
In questa prima parte di questo post impareremo come farlo attraverso alcuni concetti tratti sia dalla Programmazione Neurolinguistica, più comunemente conosciuta come PNL, che dalla Neurosemantica.
La prima cosa che possiamo fare è distinguere la persona dal comportamento. Noi siamo molto di più dei nostri comportamenti, dei nostri errori e dei nostri sentimenti. Un conto è chi siamo, e un conto è ciò che facciamo, le nostre azioni. Queste ultime a volte possono non essere sempre appropriate, possono essere esagerate o sbagliate, ma questo non significa che noi siamo sbagliati. Se ci accorgiamo che abbiamo sbagliato a fare qualcosa, possiamo imparare da ciò che non ha funzionato e cambiare comportamento. Se non ci diamo la possibilità di sbagliare, allora ci stiamo precludendo anche la possibilità di migliorare imparando dai nostri errori. E la stessa cosa succede con gli altri: se non accettiamo che anche gli altri possano sbagliare, non diamo loro la possibilità di capire, riparare e migliorare.
Un’altra cosa che possiamo fare è non personalizzare. Non è a proposito di noi come persone, ma di quello che magari abbiamo detto o fatto in un preciso istante. Spesso quando ci succede qualcosa che riteniamo ingiusto o che semplicemente non ci piace e che ci fa soffrire, siamo tentati di dirci frasi del tipo ‘Ma perché è successo proprio a me?’ ‘ Perché io?’ e così facendo personalizziamo e diamo il via a loop negativi e disfunzionali. In questo caso può essere utile sostituire la precedente domanda in ‘Che cosa c’è qui per me? Che cosa posso imparare da questa esperienza? Qual è l’insegnamento per me utile?’
Ricordiamoci che dietro ad ogni comportamento, c’è sempre un intento positivo, così come dietro ad ogni esperienza c’è sempre un insegnamento che possiamo apprendere: la scelta se farlo o no, sta solo a noi! Possiamo pensare che gli altri ce l’hanno con noi, oppure capire quello che non ci piace di una determinata esperienza che stiamo vivendo oppure quello che non condividiamo con un’altra persona e, semplicemente, imparare da questa nuova consapevolezza e lasciare andare il resto. Concentrarci sull’intento positivo di un certo comportamento o di una determinata azione (nostra o altrui), ci aiuta ad imparare la ‘nostra lezione’ e andare oltre, senza sviluppare attaccamento o sentimenti disfunzionali quali la rabbia, il rancore, e il risentimento.
Mettetevi in meta-posizione. A volte siamo così intenti a difendere la nostra posizione e a ritenere ‘giusto’ ciò che noi facciamo e diciamo, che ci perdiamo la visione d’insieme, cioè quello che sta succedendo anche fuori da noi. Cosa succederebbe se la prossima volta che ripensate ad un litigio o ad una discussione che avete avuto provaste ad uscire da voi stessi e mettervi nei panni dell’ALTRA PERSONA? Che cosa sta pensando quella persona? Come sta vivendo quello stesso litigio? Cosa vedete, udite e percepite nei suoi panni? E’ la stessa discussione di prima oppure la visione cambia? E cosa succede se vi mettete nella posizione di un OSSERVATORE? Qualcuno totalmente esterno sia a voi che all’altra persona, e che semplicemente osserva ciò che sta succedendo: come cambiano le cose da qui? Hanno lo stesso significato? E se vi metteste in una posizione ancora più distaccata, in una meta-meta posizione? Chiamiamola IL SISTEMA (può essere il sistema della coppia se il litigio sta avvenendo con il vostro partner, o il sistema famiglia, o l’azienda se riguarda una discussione di lavoro, ecc.). Quale consiglio dareste da questa nuova posizione a quelle due persone che stanno discutendo davanti a voi? Di quale risorsa secondo voi avrebbero bisogno per comunicare in maniera più utile ed efficace? Qual è il significato più grande, l’insegnamento che deriva dall’intera esperienza? Semplicemente notate o chiedetevi che cosa potete imparare da tutto questo e che cosa potete fare di diverso da domani…
Quando perdoniamo e lasciamo andare, facciamo anche spazio per nuove esperienze, nuovi significati più utili e funzionali, nuove azioni e pensieri. Eh sì… perché fino a quando continueremo a fare le stesse cose, non potremmo che aspettarci gli stessi risultati. Volete nuovi risultati? Allora provate a fare cose nuove….
Buon lavoro!
Erica Chilese
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