“Non c’è nulla che permetta ad un uomo di aver successo nella vita, come la capacità di comunicare” (Henry Ford)
Comunicare con se stessi è l’inizio.
Ma come?
E sì, perché una volta Uno disse: “ama il prossimo tuo come te stesso”!
Avvertì pure di non dare le perle ai porci… cioè di non sprecare il tempo, il proprio tempo, dietro a chi non vuole ascoltare e infine propose: “chi mi ama, mi segua”…
Quindi, comunicare, con chi e cosa?
Sono sempre questi gli aspetti che mi stanno più a cuore e sui quali porto avanti un discorso personale iniziato quasi una ventina di anni fa a Roma sulla scalinata di Trinità dei Monti. Seduto sulla splendida gradinata, in una meravigliosa giornata di primavera, ero a chiacchierare con degli amici. La mia attenzione fu, però, rapita da un ricorrente discorso tra padre e figlio (piccolo, non più di 10 anni) il quale era incentrato su cose semplici (non ne ricordo nemmeno il contenuto) ma alle quali il papà non sapeva rispondere e, per questo era visibilmente imbarazzato e raccomandava al figlio di non fare troppe domande e soprattutto di non farsi domande così complicate…
Da lì, in un momento di anticipazione vissuta come potenziale genitore, ho capito che avrei dovuto iniziare a cercare un po’ di più e un po’ meglio dentro me stesso perché, se mai fosse successo, mi sarei trovato nella stessa situazione di quel papà pochi anni dopo.
Se in una delle due parti (in questo caso padre e figlio) mancano la capacità di ascolto e la capacità di accettare il dialogo e di fare domande, non può scattare un’effettiva relazione e di questo si renderà conto, col tempo, anche quello dei due che si pone nel modo giusto (facciamo che sia il papà). Per questo motivo l’esemplare padre misericordioso accetta che il figliol prodigo faccia le sue scelte e viva le sue esperienze ammettendo le sue domande, accogliendo i suoi dubbi, accettando i suoi errori!
Dal Vangelo secondo Luca (capitolo15, versetti 11-32) «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
«Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
«Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Ora, se le azioni o la serie di azioni compiute nel passato ci hanno reso come siamo, se ritorniamo a contemplarle non rafforzeremo ancora di più come siamo adesso?
Ritornare sul passato non aiuta a superare i problemi attuali e nemmeno quelli che ritorneranno a breve, medio e lungo termine per via di una ripetizione ciclica di comportamento (facciamo quello che sappiamo fare…).
Il cervello ripete quello che sa e quindi quello che è stato messo dentro.
Quello che è stato messo dentro non è modificabile.
Necessitiamo di accettazione di ciò che non si può cambiare se vogliamo compiere il primo importante passo verso un mutamento epocale dei nostri risultati e, di conseguenza, della nostra autostima.
Si può insegnare al cervello ad andare in una nuova direzione…
Nel momento in cui ci si accorge di voler cambiare rotta, questa rivoluzione può essere cosciente e voluta. Si riconoscono i propri errori di valutazione sulla mappa e si cerca di dirigersi verso quello che si desidera nel “reale” territorio!
Imparare a capire che la realtà è solo la mappa della realtà, e iniziare a concepirsi e concentrarsi con un atteggiamento e un’allargata possibilità di scelta, può condurre ad affermare che: “se questo è solo un modello, io piuttosto preferirei quello lì” (Richard Bandler).
“Non c’è nulla che permetta ad un uomo di aver successo nella vita, come la capacità di comunicare” (Henry Ford), e comunicare con se stessi è l’inizio.
Abbi gioia
Giannicola
Giancarlo dice
Io ci sto provando!
ilgiani dice
Continua così.
Giannicola