Un bisogno interiore vitale è quello di narrare e di ascoltare racconti.
Ti va di farlo insieme?
Ti diverte immaginare una situazione e provarla a vivere intensamente come se ne stessi facendo reale esperienza? Hai presente le CRONACHE DI NARNIA? Quel genere lì.
Prendo allora, da Wikipedia, 2 frasi che se poste in un “certo” (quale sarà? Fai tu) contesto e/o ordine possono raccontare una storia e sono in grado di aiutare a comprendere il pericolo di arrampicarsi sul Monte…
Il pericolo? Il Monte? Boh!
E sì, il pericolo di incontrare Alex il leone (vedi “A PRANZO CON UN… LEONE!).
Alex è il leader e ha un branco insaziabile e molto affiatato!
Anche i leoncini (quelli più giovani del gruppo) fanno paura…
Avvertenza: il leone se sbrana un gatto o uno gnu, impiega sempre la stessa forza… ha questa qualità! Non si risparmia mai.
Finita la premessa, ti lascio a te stesso: immagina tu, ora, la storia che vuoi unendo insieme le 2 frasi evidenziate in blu e in giallo… e, come direbbe Il Conte: “tutto il resto è già poesia”.
1 – In origine, la locuzione latina hic sunt leones (in italiano, qui ci sono i leoni) compariva sulle carte geografiche dell’antica Roma e successive in corrispondenza delle zone inesplorate dell’Africa e dell’Asia. La frase stava ad indicare che non si sapeva cosa si trovasse in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che erano abitate da belve (alle quali occorreva prestare attenzione).
Alcuni studiosi sostengono che, dopo i conflitti con la nemica Cartagine, gli antichi Romani abbiano continuato a denominare in tal modo quella parte dell’Africa, oggi costituita dal Marocco e parte della Tunisia, per rispetto di un nemico così arduo da sconfiggere.
La frase oggi viene utilizzata per indicare una situazione o condizione per cui è necessario prestare particolare attenzione o portare rispetto ad un certo gruppo di persone.
2 – Sutor, ne ultra crepidam (Ciabattino, non [andare] oltre le scarpe) è una locuzione latina utilizzata per “richiamare all’ordine” coloro che mettono becco in materie o argomenti di cui nulla sanno.
La frase (nell’originale “ne supra crepidam judicaret“) è citata da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia 35.36.85 – XXXV, 10, 36), che la attribuisce all’artista greco Apelle di Coo il quale stava eseguendo un dipinto quando un calzolaio (sutor) gli si avvicinò e gli segnalò che nel dipingere una scarpa (più esattamente un sandalo, crepida – dal greco krepis) aveva commesso un errore; valendosi del suggerimento tecnico ricevuto, il grande Apelle, al tempo considerato il maggior pittore mai esistito, grato ed umile lo corresse.
Il ciabattino, tronfio del fatto che Apelle avesse accolto di buon grado i suoi consigli, cominciò però a formulare osservazioni anche su altri particolari (vesti, espressioni del volto, ecc.), indisponendo a tal punto l’artista che, per zittirlo, lo apostrofò in questa maniera.
Chi ha buona immaginazione…
Ognuno come può.
Abbi gioia
Giannicola
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