foto di MIMMO CUSANO, tratta dal sito ROSETO.COM
Con il mio amico Filippo, la scorsa settimana, ricordavamo degli aneddoti del Capo Tribú che ci hanno aiutato nella nostra crescita interiore ed uno di questi é incentrato sul periodo della guerra.
La seconda guerra mondiale. Il Capo Tribú diceva che era stato, per lui, un periodo felicissimo nel quale si era divertito molto ed aveva imparato cosa significasse la parola Amore (sempre e solo per lui) e cosa contenesse al suo interno la scatola con sopra scritto Felicitá (che dell´Amore é un effetto).
Il Capo Tribú amava approfondire gli insegnamenti sul significato dell´esistenze e sulle piccole e semplici questioni che essa ci mette continuamente a nostra disposizione. Poi quello che ci facciamo dipende da noi…
Gli incontri erano sempre (e “sempre” é una parola grossa!) divertenti, acuti e utilissimi per chi aveva orecchie per… intendere!
Insomma, in questo breve post quello che mi interessa passare sono due motivi del perché il Capo Tribú aveva amato cosí tanto il periodo della guerra, la seconda guerra mondiale.
1) era un bambino di 13-15 anni e quindi non ancora pronto per le armi e per la storia e non piú giovanissimo per non ricordare. A quell´epoca i bambini non andavano a scuola e questo era un bel motivo per essere felici!
2) il mito greco vuole che POROS e PENÌA, rispettivamente “arte di arrangiarsi” e “povertá” si incontrarono dopo una festa nella quale avevano alzato il gomito e dalla loro unione nacque l´AMORE.
Ora, mi chiedeva il Capo Tribú, dove finisce il momento di piangere e dove inizia quello di essere allegri?
Quali sono i criteri che poniamo a condizione per definire il limite?
Chi lo stabilisce, soprattutto?
Rispetto a quali esperienze, chi lo stabilisce, definisce che sia arrivato il momento di cambiare? E in ultimo, sará da tutti condiviso?
Ognuno come puó
Abbi gioia
Giannicola
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